Mercoledì Freudiani: marzo 2023

venerdì 31 marzo 2023

IL SEGRETO PER UN BUON SONNO

Nella vita di tutti i giorni assistiamo allo scorrere di miliardi di parole; la maggior parte si disperdono, altre si ricordano, pochissime si imprimono nella memoria e ci accompagnano nel tempo: si tratta di riflessioni o consigli che, condivisi in un momento particolare o espressi nel modo giusto, hanno il potere di toccare le nostre corde più sensibili e di offrirci una prospettiva diversa, un aiuto concreto.

Ho trascorso gran parte delle mie notti insonni interrogandomi su quale fosse il modo giusto, lo spirito migliore per approcciarsi al sonno.
Ho provato a tranquillizzarmi praticando training autogeno, a stancare la mente con letture impegnate, ad annoiarmi con i cruciverba. Nulla funzionava, nulla riusciva a rilassarmi davvero.
Poi un giorno una persona mi ha dato il più prezioso dei consigli: “il tuo obiettivo deve essere il sonno del giusto, devi essere in pace con te stessa e con gli altri per poterti abbandonare serenamente al sonno”.
In quel momento ho capito che per riconciliarmi con la notte dovevo lavorare su me stessa di giorno, dovevo arrivare a sera realmente appagata per “potermi godermi il meritato riposo”.

Questo significa, innanzitutto, vivere ogni momento della giornata con l'obiettivo di migliorare se stessi: lavorare per crescere, collaborare per apprendere, leggere per riflettere, vivere per emozionarsi.
Ogni singolo istante può apparire diverso se lo si vive con il desiderio di aumentare la conoscenza e di donare agli altri, liberando la propria sensibilità.
Il “fare del proprio meglio” non può regalare la felicità, in compenso dona l’armonia. La serenità deriva dalla capacità di essere in pace con se stessi, difendendo la propria libertà e idee, dedicandosi agli altri, coltivando gli affetti, lottando per migliorare i propri contenuti spirituali.

Ogni conquista interiore, ogni sentimento positivo dona fiducia in se stessi, amore e soddisfazione. E' questo il miglior segreto per un dolce sonno.

giovedì 16 marzo 2023

MALESSERE LAVORATIVO: L'IMPORTANTE E' NON ARRENDERSI

Ci sono momenti in cui amare il proprio lavoro diventa difficile.
Soprattutto nei momenti di crisi o di disorganizzazione aziendale è frequente, infatti, ritrovarsi a svolgere attività prevalentemente routinarie e poco stimolanti, senza obiettivi di crescita chiari, scarsamente valorizzati dai superiori o poco in sintonia con i compagni di lavoro.
In queste situazioni può accadere che aspetti prima trascurati diventino motivo di malessere: gli straordinari non pagati, le ore trascorse in auto per raggiungere l’ufficio, i pasti veloci e poco salutari, gli sforzi non riconosciuti, le idee non premiate, l’incompetenza del capo, le invidie dei colleghi …
Cadere in balia della frustrazione e dell’insofferenza è un attimo, così come convinversi di non essere tagliati per la carriera e affliggersi per aver trascurato inutilmente gli “aspetti più importanti della vita in tutti questi anni”.

In questi casi la reazione di molte persone è andare a rispolverare il proprio accordo di assunzione, studiare i doveri contrattuali e decidere di cominciare a rispettarli nel modo più rigido possibile (“da oggi in poi faccio il minimo indispensabile e alle sei in punto spengo il pc”).
Il rischio più grande è quello di illudersi, così facendo, di guadagnare alcune ore “di vita” senza accorgersi che, in realtà, se ne stanno buttando via otto!
E’ un errore, infatti, pensare che ridurre l’impegno lavorativo e guadagnare tempo libero possa alleviare il senso di scontentezza e delusione.
Può sembrare un onesto compromesso ma non è così: non si possono barattare la creatività e la soddisfazione intellettuale. Non c’è nulla che valga così tanto.
In realtà l’unico effetto che si ottiene è un appiattimento celebrale e un avvilimento dell’entusiasmo e delle aspettative. Infatti, se da un lato c’è la conquista di qualche ora di libertà da dedicare alla famiglia o a se stessi, dall’altro c’è il rischio di trovarsi senza lo spirito e l’energia per viverle con la giusta intensità.

Quando il lavoro diviene motivo di malessere è, quindi, fondamentale evitare di soffocare l’insoddisfazione ma imparare, piuttosto, ad ascoltarla: la sensazione di disagio, infatti, può costituire un potente stimolo al cambiamento (sia nella forma di iniziative per migliorare la situazione corrente sia nella ricerca attiva di un nuovo posto di lavoro) mentre l’accontentarsi di un magro risarcimento in tempo libero significa, nella migliore delle ipotesi, un contratto di schiavitù a vita con l’apatia.
 
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