Mi sono innamorata di Jonstein Gaarder leggendo uno dei suoi più celebri romanzi: Maja.
La sua sensibilità verso le tematiche esistenziali emerge già dalle prime pagine, quando compare un accendino magico...
"Questo è un accendino magico, se adesso fai fuoco vivrai sulla terra per l'eternità."
Con decisione sollevò l'accendino e lo accese.
"Non ce ne sono tanti come noi."
Non eravamo per nulla nervosi all'idea di vivere in eterno. Avevamo una paura folle del contrario.
Ricordo che lessi queste righe più e più volte.
In quel momento, per la prima volta, mi sentii capita: anche io ero come loro, anche io ero uno dei pochi!
Non mi sono mai sentito vicino ai deboli di cuore che indietreggiano davanti al pensiero di vivere in eterno. (...) la maggior parte degli uomini desidera morire. bene, bene! E' bello che la natura si sia così saggiamente adeguata. (...)
Chi rifiuta di arrendersi alla limitazione temporale della vita si trova già nella terra di nessuno. Si rende conto che ben presto non ci sarà più, quindi è già andato per metà. Che abbia 5 o 50 anni ancora da vivere, non è importante.
Avevo trovato i miei simili: uomini che come me avrebbero voluto vivere per sempre, che soffrivano, che non potevano capire come il mondo potesse continuare anche senza di loro.
Persone che rifiutavano l'idea di perdere la coscienza di sè, di lasciare ogni ricordo, ogni affetto.
Uomini che, forse, talvolta arrivavano a fare il mio stesso pensiero: "preferirei vivere moribonda all'infinito, pur di non sparire".
Oggi a distanza di tempo mi sento confusa: devo sentirmi orgogliosa della mia condizione di "non rassegnata alla morte" oppure devo riconoscerlo come un limite? E' vero che chi, in consonanza con l'essenza delle cose, vede la morte come un qualcosa di naturale e da accettare, è paragonabile ad un anfibio del Devoniano?
E' davvero evoluto colui che si oppone (inutilmente) al ciclo della vita? Oppure lo è piuttosto chi, grazie a un cammino, arriva a sentirsi parte consapevole di qualcosa di più grande?
giovedì 9 febbraio 2023
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1 commento:
Cara Alice, secondo il pensiero buddista, tu sei già eterna. Bada bene: tu, non il tuo corpo. Quello è destinato a scomparire. Ma la tua coscienza, alias mente, rinascerà in un nuovo essere. Sarà come uscire da una stanza ed entrare in un'altra. In ambito buddista, morire
viene tradotto con "lasciare il corpo".
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